lunedì 19 maggio 2014

Cosa pensano di noi i diportisti inglesi?

In questo post pubblico il frammento di un portolano che mi ha fatto ridere e sorridere, soprattutto a proposito del navigare tra Corsica e Sardegna e nell'arcipelago toscano d'agosto, nonchè ovunque lungo il litorale ligure-toscano nel medesimo periodo o durante uno dei ponti dell'anno, cose che personalmente vorrei evitare di fare nuovamente, dal momento che, passato l'effetto novità, non vi ho trovato alcunchè di piacevole, visto il disagio provocato dalla ressa.



[Da: Robin Brandon, Corsica e nord Sardegna - Abitudini locali]

Il redattore del presente volume ha iniziato a navigare nel 1946 salpando da Falmouth e da allora ha solcato tutti gli oceani del mondo, ma in particolare le isole del Canale e la costa della Bretagna, facilmente accessibile da Weymouth, suo luogo abituale di residenza. Avendo lavorato e vissuto a La Spezia per otto anni, egli ebbe l'opportunità di esplorare anche il Mediterraneo e venire a conoscenza delle abitudini locali. Durante il sopralluogo in Sardegna per la preparazione di questo portolano, notò che tutti gli sconsigliavano di navigare di notte. Pur essendo vero che questi tratti di mare sono disseminati di pericoli, anche le isole del Canale non sono da meno e inoltre in Mediterraneo il problema delle maree e non è direttamente rilevante. A suo parere, i motivi di tale timore possono essere molteplici:

A. La navigazione notturna impedisce di ammirare la bellezza dei luoghi
B. Si sta perdendo l'arte di un buon ancoraggio sicuro
C. Non tutti i segnalamenti luminosi potrebbero essere in funzione
D. navigando di sera si 'rovina' la cena, considerato il pasto principale della giornata
E. nei mesi di luglio e agosto è praticamente impossibile trovare un qualsiasi ormeggio decente dopo le 17 o prima delle nove

Ma un diportista esperto con un discreto equipaggio e l'ausilio del GPS non incontra alcuna difficoltà a navigare di notte in queste acque. È comunque vero che alcuni porti non consentono l'accesso notturno e che in un paio di casi è vietato qualsiasi movimento nelle ore di oscurità. Altra consuetudine del diporto estivo in Sardegna, è di uscire dal porto verso le 9-11 del mattino, percorrere a motore alcune miglia e piazzarsi davanti a una spiaggia per tutta la giornata sino alle 17-18, orario di rientro in porto, previa prenotazione dell'ormeggio per tutto il periodo di permanenza. Questo fatto crea problemi a coloro che entrando in porto verso mezzogiorno lo troveranno pressoché vuoto, ma quasi certamente lo dovranno abbandonare verso sera quando il proprietario (anche se temporaneo) riprende il proprio posto. Il luogo peggiore dove trovarsi in agosto verso le 17 è senza dubbio in un marina dove la battaglia per l'ormeggio può farsi accesa. (...)

Una dotazione di bordo assai amata dal diportista italiano è il gommone, utilizzato per pescare, per andare a fare il bagno, ecc. ne risulta un proliferare di pontili galleggianti installati in acque basse specie attorno alle isole della Maddalena. Ai natanti con pescaggio di 2 m si consiglia pertanto di avanzare con estrema cautela laddove il pontili sono occupati da canotti. (...)

Esiste una legge in Italia per cui un ormeggio fino a 24 h è gratuito ma, come per molte leggi italiane, i locali trovano modo di aggirarla, in genere accade dunque che il comune appalti un'area banchina atta a enti o individui autorizzati ad applicare una tassa (in genere modesta) che comprenda assistenza durante la manovra di ormeggio e all'imbarcazione stessa. In qualsiasi caso è preferibile pagare, considerando che altrimenti le tariffe per il consumo di acqua o carburante potrebbero essere 'gonfiate', per cui alla fine si paga comunque il diritto di ormeggio.

Vi piace navigare nella ressa?
Dite la vostra!

domenica 18 maggio 2014

Fenomeni a vela

In attesa di saltare l'ostacolo e passare all'acquisto della mia prossima barca, cosa sulla quale ho riflettuto molto questi ultimi tempi e della quale sento via via rifarsi viva la necessità, ricomincio a parlare di vela con rinato entusiasmo, dopo aver fatto conoscenza (telefonica) con Alberto C, che mi ha ricordato che quando parlo di vela non sono l'unico a pensarla alla mia maniera nè parlo arabo o cinese. Per uscire dal silenzio, comincio citando Bjorn Larsson, a proposito dei fenomeni della vela tanto sbandierati dalle riviste di 'vela', nonchè di tutti coloro che cercano di fare i fenomeni (da baraccone) con scarsi risultati.




[Da: Bjorn Larsson, La saggezza del mare]

I velisti hanno la tendenza a credere che attraversare l'Atlantico sia un'impresa maggiore che attraversare il mare del nord o il Mar Baltico. Chi ha fatto il giro del mondo trova più rispetto di chi ha navigato lungo le coste della Norvegia o è incappato in una tempesta sul Kattegat. Ma il coraggio, la resistenza e l'abilità marinaresca non hanno niente a che fare con la distanza. (...) L'unica qualità necessarie per diventare un eroe, ormai, è avere faccia tosta ed essere un po' incosciente. (...) Mi piacerebbe che il mare fosse una fonte di ispirazione in materia di etica e che navigare fosse un modo di trovare un significato all'esistenza a terra. Ci sono molte cose utili e preziose, a mio giudizio, da imparare dalla frequentazione del mare, almeno a bordo di una piccola barca a vela. L'umiltà, la tenacia, la pazienza, la cooperazione alla vigilanza, tra le altre.

Vi piacciono i toni eroici e trionfalistici delle riviste? Sentiamo la vostra!
Buon vento a tutti, e alla prossima!

giovedì 22 settembre 2011

Un punto di svolta

Ci sono situazioni in cui sembra che tutto vada per il verso giusto, in maniera perfettamente consequenziale. Non c'è nemmeno bisogno di dimostrarlo, tirando in ballo la statistica o chiedendo conferma ad altri. Non è un'impressione, è un dato di fatto.

Eccoci qua. La situazione è questa. Io e la mia barca.

Non fosse che, in tutto ciò, la direzione che hanno preso le cose è molto chiara ma ben diversa da quella che mi aspettavo, anche se un bivio di questo genere era previsto, se non altro come alternativa a girare in tondo, rimestando lo stesso brodo, senza uscita.

Parlando questa estate con Michelangelo, alla base Orza, esponevo come il senso di questa navigazione, intesa come la probabile ultima con Dreamer, fosse quello di cercare delle suggestioni che mi facessero cambiare (o meno) idea in merito al chiudere col mio periplo di Ulisse e cedere la barca a qualcuno sufficientemente o meno adatto ad occuparsi di lei.

Le suggestioni non si sono fatte attendere, rendendo praticamente ovvio un accordo con un potenziale acquirente che stava dietro a Dreamer ormai da parecchio tempo.



Dreamer arriverà in Italia su un camion e cambierà proprietario, la sua storia non finisce qui, si chiude solamente l'interludio del nostro cammino mano nella mano.

Buon vento a te, e una felice sorte, piccola barca...

venerdì 9 settembre 2011

Stagione quattro: preparativi

Eccomi di nuovo in Portogallo, al boatyard di Bruce, sotto un sole che picchia duro e zero nuvole all'orizzonte. Per fortuna, con questi 37 gradi, l'umidità è quasi nulla, e il caldo è quasi sopportabile...

Appena arrivato, la sera stessa, faccio la conoscenza degli unici altri italiani che ci sono qui, dei toscani che hanno deciso di godersi la pensione in barca e hanno acquistato, per 12000(!) euro una barca di 37 piedi, modello sconosciuto, da un tedesco che si è stufato di navigare e ha comprato una villetta a Tavira, dove stare un pò più comodo con la moglie.

Trascorro i due giorni iniziali ad armare la barca ed a ripulirla da due anni di polvere e di storia che si sono accumulati ovunque... In pozzetto ho due dita di fango ma riesco a sturare gli ombrinali e a farlo sloggiare... O avrei dovuto invece piantare del basilico? Ne approfitto anche per riposizionare il riflettore radar, caduto misteriosamente in coperta e fracassatosi. Basta un pò di gray tape, e lo isso con la drizza del caricaalto. Non ho in previsione di dare spi, per il momento.

Cambio anche la batteria dei servizi, facilitato da Riccardo che mi scorrazza in auto di qui e di là, e mi propone addirittura di pigliarla in prestito. Come se non bastasse, mi invita a cena tutte le sere e mi rimpinza fino alle orecchie con la sua cucina tosco-portoghese...

Nel frattempo arriva anche il mio equipaggio e fisso un appuntamento per il travel-lift per la mattina alle 11. Marea favorevole, barca armata, tutto ok, salvo che quando provo a mettere in moto il Volvo Penta, nisba.

La mia diagnosi, a prima vista, è che l'albero motore è completamente bloccato. Chiedo a Bruce di mandarmi un meccanico, dal momento che la situazione è un pò fuori dalle mie competenze e parecchio fuori dalla mia attrezzatura.

Aspetto solo un giorno. In barca, sotto al sole. E il meccanico si materializza. Concorda con la mia diagnosi, e si mette a smontare pezzi per poter guardare nel cilindro. Morale: un'infiltrazione di acqua dal tubo di scappamento ha intasato la camera di scoppio di sedimenti e provocato l'ossidazione di pistone e cilindro, fondendoli praticamente insieme.

Il panorama che si presenta ai nostri occhi increduli è il seguente:



Lo Svitol con cui avevo cercato di sbloccare la testa non aveva fatto molto effetto, me ne spiego il motivo...

A questo punto occorre passare alle riparazioni. I pezzi sembra non siano disponibili in Portogallo, il motore è datato, e occorre farli venire da fuori. Ci vorrà tempo. Il meccanico mi promette un preventivo per il giorno seguente, oggi, alle 10, ma alle 10 non si fa vivo.

Sono qui che aspetto, ma nulla. E intanto sto cominciando a perdere un pò la pazienza e ad ipotizzare robe che vanno dal regalare la barca al primo che passa al metterla su un camion e piazzarla in giardino per ripararla con calma. Non so ancora che pesci pigliare, seriamente.

Per ingannare il tempo faccio un pò il turista, girellando per il boatyard e facendo foto alle barche che mi piacciono di più e anche a quelle che mi piacciono di meno, che in entrambi i casi appartengono al grande insieme delle barche che da noi in Italia si direbbero 'strane'. Foto dopo foto, a un certo punto mi imbatto in una barca che ha qualcosa di familiare, mi ricorda qualcosa... Ci rifletto e...Ma sì! E il Vancouver 28 che sono andato a vedere in Francia con Christelle l'anno scorso!




Coincidenza buffa, ma anche un pò inquietante trovarlo qui, a una ventina di metri dal mio Dreamer: tutto ciò non fa che rinforzare la mia impressione di essere in un cimitero di barche, in un posto dove le barche arrivano ma non ripartono più, dove si crea ogni sorta di imprevisti che generano un perenne rinvio della partenza, dove tutti vivono a bordo in attesa del nulla, ingannando il tempo con lavori fatti bene o male, utili o meno, sempre in economia.

E intanto aspetto il mio preventivo, l'ennesimo sacrificio che chiedo al mio portafogli, rimuginando sul da farsi, in compagnia dell'avatar di River...

martedì 9 febbraio 2010

A vela, anche soli - Alastair Buchan

Non sono un professionista della recensione, ma mi permetto di sottoporre all'attenzione di tutti i lettori del mio blog un libro che ho acquistato e letto di recente: 'A vela, anche soli. Tecniche, manovre e attrezzature per navigare anche senza equipaggio in sicurezza e tranquillità' - di Alastair Buchan.

L'autore è un istruttore yachtmaster certificato e, a differenza di altri che hanno trattato lo stesso argomento, ha una grande esperienza di navigazione su barche da diporto piccole, o molto piccole, come potremmo definire nel 2010 un Hurley 20.




Sul 'Mintaka', Alastair Buchan, dopo aver effettuato una circumnavigazione della Gran Bretagna, ha anche effettuato in solitaria due traversate atlantiche, una verso i caraibi e una di ritorno, dimostrando come non occorra dilapidare un patrimonio per la realizzazione di quello che, per i più, è, ed è destinato a rimanere un sogno.

La sua navigazione e il suo libro ridanno la dimensione corretta a quelle che oggi sono considerate 'piccole barche', ricollocandole tra quelle che potremmo prendere in considerazione per una traversata oceanica o per un giro del mondo; la sua esperienza dimostra anche come la preparazione dello skipper sia il fattore che più di ogni altro determina l'esito di una navigazione, a prescindere dal tipo di barca.

A proposito di questo argomento, ho letto in passato un altro libro che ha avuto un ruolo molto importante nelle scelte che ho effettuato e mi hanno portato all'acquisto del mio Marieholm 26: ' Twenty Small Sailboats to Take You Anywhere' - di John Vigor. Nell'opera, l'autore espone una rassegna di barche che, con opportuni adattamenti, possono diventare i mezzi adatti per navigare 'oltre l'orizzonte'.




Che altro aggiungere? Assodato che spesso l'unico impedimento reale alle nostre navigazioni non è rappresentato altro che da quelle piccole paure che siamo difficilmente disposti ad ammettere persino a noi stessi, non ci resta che prendere il mare seguendo la scia di quelli che, prima di noi, hanno abbandonato le esitazioni e, con i mezzi a loro disposizione, hanno fatto rotta verso il loro sogno.

giovedì 10 dicembre 2009

Progetti per le prossime navigazioni...

Dopo aver riflettuto a lungo su varie alternative, compresa quella di cambiare barca in favore di una più abitabile e viverci un pò sopra, ho finalmente preso la mia decisione. Sono stato aiutato in ciò da una decina di giorni trascorsi a casa con l'influenza, durante i quali, impossibilitato a fare altro, ho potuto consultare con la dovuta calma, carte, pilot chart, portolani e siti web di meteorologia e navigazione.

A volte, per pigliare una decisione occorre staccare la spina dal tran tran quotidiano, durante il quale, spesso senza accorgercene, non abbiamo il tempo per riflettere su alcunchè. Per quanto mi riguarda, spesso vivo le mie settimane come dei tunnel in cui entro a capofitto, di corsa, per uscirne trafelato sette giorni dopo senza essermi nemmeno reso conto di come è passato tutto quel tempo. E' una cosa della mia vita che mi piacerebbe cambiare.

Le mie riflessioni sulle prossime navigazioni mi hanno portato ad un bivio, dove le scelte future saranno condizionate da una serie di domande alle quali devo trovare risposte precise e pertinenti. Immagino che molti di noi sognino di vivere su una barca navigando tra gli atolli del pacifico o vagabondando per il mondo, senza problemi nè costrizioni, senza incombenze di alcun tipo. Molti sogneranno anche un'amaca, e spiagge e palme all'orizzonte, e sole, sempre sole...

Abbracciare una scelta di vita così radicale non è per tutti, dal momento che oltre la facciata della barca ormeggiata in rada al tramonto, ci sono anche altre questioni di cui occuparsi, che, se impreviste, rischiano di trasformare il nostro sogno in un incubo. Nelle isole dell'Atlantico ed ai caraibi, non a caso, è abbastanza comune trovare, a prezzi sorprendentemente buoni, barche in vendita appartenute a persone che hanno mollato il colpo qualche mese dopo la partenza dall'Europa...

Per capire cosa davvero voglio fare, mi sono posto poche, ma circostanziate domande:

- La navigazione in solitario fa per me?

Qualora dovessi decidere di cambiare barca, optando per un modello che mi permetterebbe di viverci sopra [nel caso il modello è quasi definitivamente scelto: un Vancouver 27/274/28 di Pheon o Northshore], mi troverei inevitabilmente a navigare in solitario buona parte del tempo.

> Per rispondere, ho deciso di veleggiare da solo da Faro, dove è ora invernato il Dreamer, fino alla Sardegna, facendo tappe ancora da definire, ma delle quali una è un punto fisso: Mahon. Il periodo ottimale è a partire da aprile, e ho tempo sufficiente per i piccoli interventi che ho programmato a bordo.

- Il tipo di vita che fanno i velisti che vagabondano nel Pacifico o per il mondo fa per me?
- Quali sono gli arcipelaghi dove si può vivere dignitosamente con poco?
- Quali sono i luoghi dove un occidentale è meglio accettato ed è possibile trovare facilmente lavoro?
- Quali sono i pro ed i contro del vivere su una barca? Imprevisti? Costi?

> Per rispondere, conto di trascorrere un periodo di navigazione con barche altrui, cercando degli imbarchi alla pari o partecipando alle spese. Come porto di imbarco mi sembra ideale Las Palmas, alle Canarie, in modo da poter effettuare la traversata atlantica e poi proseguire per il Pacifico cambiando eventualmente barca ed equipaggio a Panama. Il resto del viaggio è da decidere. Il periodo buono per iniziare il viaggio va da Novembre in poi.

Questo è quanto. Una volta trovata risposta alle mie domande, saprò cosa fare, se vendere la barca e diventare definitivamente terricolo, se cambiarla e andarci a vivere sopra, se tenermi il mio Marieholm 26 e trasferirmi su un'isola ma a terra, o chissà che altro.

Il Dreamer, il mio Marieholm 26, resta in vendita, dal momento che trovare un acquirente per una barca così particolare non sembra così facile e richiede tempo. Ovviamente l'eventuale transazione diventa subordinata alla navigazione che sto per intraprendere, per cui la barca sarà disponibile una volta arrivata al porto di destinazione in Sardegna, che dovrebbe essere nei dintorni di Cagliari...

mercoledì 29 luglio 2009

Stagione tre: navigazione!

Dopo tutto questo correre avanti e indietro a cercare pezzi, smontare e montare, eccoci finalmente intenti (io e Christelle) alla parte vera e propria della navigazione.

Il mio intento era quello di navigare fino a Madeira per trascorrerci qualche mese lavorando a distanza questo inverno, ma una prima ricerca di informazioni sul web ha messo in evidenza come laggiù ed anche a Porto Santo le tariffe di stazionamento per il mio barchino siano proibitive: 450€ / mese!! Faccio prima ad affittare un appartamento..

Passiamo quindi ad una navigazione più ragionata: volendo visitare l'arcipelago di Madeira, occorre trovare un posto dove invernare la barca alle Canarie, che sono le isole più vicine, ma non mi basta il tempo che ho a disposizione. L'alternativa che mi resta è quella di porre come meta entro ferragosto un porto situato nella baia di Cadice che faccia dei prezzi ragionevoli ed offra il servizio di stazionamento a terra. Ciò mi permetterebbe di ritornare in seguito per riprendere la navigazione.

Cerca, cerca: trovato. Portimao. Un altro porto papabile sarebbe Rota, ma devo ancora avere una conferma sulle tariffe.

- Tappa 1: Viveiro - La Coruna. Quindici ore con vento favorevole, ma a tratti troppo debole. Motorato quattro ore in tutto, e per tutta la navigazione un rollio notevole, causato dal mar de fondo di circa un metro e mezzo. Ad ogni modo ci siamo lasciati alle spalle il Capo Bares e il Capo Ortegal che hanno una fama veramente pessima...

- Tappa 2: La Coruna - Sada. Usciti troppo tardi a causa dell'impossibilità di ricevere i bollettini meteo, decidiamo di fare marcia indietro dal momento che il vento è da nordovest e il rollafiocco ha un problema. Poco male, a Sada si sta bene e gli ormeggiatori addirittura smontano le gallocce sul pontile per spostarle e permetterci di ormeggiare più agevolmente...

- Tappa 3: Sada - Camarinas. Dopo aver motorato la mattina per guadagnare acqua, una facile e divertente navigazione al lasco con un forza quattro ben stabilito, su un mar lungo da nordovest di un paio di metri. Nessun delfino avvistato dopo quello tra le banchine del porto a Sada, ma abbiamo avuto modo di testare estensivamente il rilevatore di radar Mer-Veille...

- Tappa 4: Camarinas - Portosin. Lasciato di malavoglia Camarinas, dopo una serata al bar di Rodrigo il bar Curbeiro, ci sembrava di essere ormai diventati cittadini onorari... E che dire della simpatia di Moncho, l'harbourmaster? Impagabile! Dopotutto molti altri navigatori mi avevano descritto il luogo come simpatico, e le conferme non si sono fatte attendere...



Motorato più della metà della navigazione, scorgendo in distanza l'amico Philippe che ha fatto rotta più a sud. Poi un passaggio semplice tra un paio di bassi fondali, e finalmente nella Ria de Muros, a vela. Al marina, dei servizi igienici dove ci si sente a proprio agio come a casa!

- Tappa 5: Portosin - Sanxenxo. Partiti, dietro consiglio del barista della birreria (l'unica!) di Portosin alla volta di Portonovo, una volta arrivati troviamo un porto dove tutte le imbarcazioni a motore navigano almeno a 10 nodi all'interno creando una risacca allucinante. Il personale, decisamente antipatico, ci tratta male e ci assegna un catway accostato ad un motoscafo malamente ormeggiato. Alcuni pescherecci sostano col motore acceso alla banchina del distributore, affumicandoci tutti con i prodotti di combustione del diesel. Ci spostiamo a Sanxenxo (10 minuti) dove, dopo qualche difficoltà linguistica, ci viene assegnato il nostro posto e facciamo conoscenza di un navigatore locale che vuole assolutamente comprare il nostro Dreamer, pronta cassa, assegno alla mano. Sarà tutto vero o sono solo allucinazioni causate dal sole e dalla motorata di oggi? Vedremo... Domani, vento da nord.

- Tappa 6: Sanxenxo - Baiona. Dopo aver ascoltato perplessi un bollettino che dava forza 6 dal settore nord, scarsa visibilità a causa di nebbia e piovaschi, mare vivo fino a 2.5 metri e mar de fondo della stessa altezza, abbiamo mollato gli ormeggi confidando nel fatto che si trattava di solo 20 miglia... In effetti le abbiamo percorse tutte al lasco, con forza 5 e mare grosso solo in prossimità delle secche che delimitano il canale di accesso a Baiona. In compenso, i bollettini per i prossimi giorni danno vento da settore nord piuttosto forte, forza 6 lungo costa e 7 al largo, e mare grosso. Vedremo, intanto ci resta baiona da esplorare...

- Tappa 7: Baiona - Cascais. Pariti da Baiona con un bollettino che dava forza 5-6 da nordovest in calo a 5, incontriamo un mare con fuerte marejada che ci fa rollare parecchio durante tutta la prima giornata di navigazione e la notte, come in una lavastoviglie. La giornata successiva trascorre in maniera decisamente più confortevole, ancora con vento a favore e dei turni dove dormire è più facile e il timone a vento deve lavorare poco per mantenere la poppa al lasco. Prossimi a Cabo de Roca, all'alba, incontriamo una nebbia fitta che ci fa procedere a occhi spalancati e orecchie tese, alla ricerca di qualche cargo o peschereccio che potrebbe intercettare la nostra rotta. Nulla. Arriviamo a Cascais dopo le ultime due ore di navigazione a vela regalataci da un'istantanea nortada a 25 nodi salita in brevissimo tempo poco dopo mezzogiorno. Al largo con vari strati di vestiti, incontriamo a terra un caldo soffocante e in maglietta ci pare di essere in una sauna...

- Tappa 8: Cascais - Portimao. Dopo un aperitivo a un bar frequentato dai pescatori locali con l'amico Philippe (con cui navighiamo a tappe convergenti da Camarinas, ed è diventato la nostra guida dei bar) e una notte in porto per cercare di riposarci al meglio, ripartiamo verso sud in tarda mattinata, per approfittare nuovamente della nortada, che ci regala stavolta un vento fresco ed un mare più tranquillo ma con una nebbia fitta che si dirada solo nel primo pomeriggio ci fa restare incollati al rilevatore radar. Anche stavolta niente cargo. La nortada ci molla verso mezzanotte, nei pressi di una spettrale boa luminosa non segnalata da nessuna carta che segnala un presumibile impianto di acquacoltura, dalla quale riusciamo ad allontanarci solo grazie al motore. Nottata noiosa ma confortevole grazie al ronzare del diesel incrociando poche altre imbarcazioni. La mattina successiva doppiamo Cabo Sao Vicente a vela, accompagnati da un banco di delfini, e costeggiamo la spettacolare costa dell'Algarve, fino a Portimao.

- Tappa 9: Portimao - Olhao. A Portimao ci fermiamo poco, giusto il tempo di prendere accordi con il cantiere di Faro ubicato a Quinta do Progresso, dal momento che il porto, oltre che essere un pò costoso, è decisamente troppo chic per farci sentire a nosto agio. Partiamo senza troppe aspettative di vento, ma le brezze costiere ci regalano un pò di miglia verso est. Arrivati a Olhao, dopo aver percorso a favore di corrente e marea il lungo canale di accesso, veniamo letteralmente trattati a pesci in faccia dall'addetto del marina, che ci caccia via adducendo come motivo (o scusa?) la mancanza di posti, laddove il porto è chiaramente per almeno un terzo vuoto. Passiamo la notte alla banchina delle barche-taxi del porto adiacente, riparati dal maremoto che generano le barche in transito, passando a tutto gas. Al marina di Olhao gli stranieri non sono i benvenuti, e ci si rivolge loro in malo modo, evitando qualsiasi lingua che non sia il portoghese.

-Tappa 10: Olhao - Faro. I responsabili del cantiere di Quinta do Progresso ci fissano un appuntamento alla meda numero 23 verso mezzogiorno, per cui percorriamo in un'oretta le cinque miglia di canali che ci separano dalla fine di quello che ci porta a una zona di ancoraggio poco distante dal centro città. La barca di servizio del cantiere ci scorta lungo il canale non segnalato, percorribile solo ad alta marea, che ci permette di arrivare senza incagliarci al bacino del travel lift. In men che non si dica la barca è a terra, alloggiata con cura e perizia su un robusto supporto in metallo. Una giornata per rassettare tutto e la stagione è conclusa, in attesa di un periodo più propizio per la navigazione, dato che al momento il caldo è insopportabile...